Quando si pensa di aver appreso tutto sul Revenue Management, ecco giungere l’ultima novità pubblicata sul numero di settembre di Hotel Magazine. L’articolo, intitolato Sea Change, mette in evidenza il disappunto di un gruppo di albergatori che, negli ultimi anni, hanno visto un aumento del revenue e allo stesso tempo un calo di profitti.
Ma come è possibile tutto questo? Secondo un report, pubblicato dalla Hospitality Asset Managers Association (HAMA), negli ultimi anni i costi di acquisizione dei clienti sono aumentati notevolmente e, nonostante tutte le strategie messe in atto dai Revenue Manager di creare maggiore occupazione, si è giunti alla conclusione che il RevPar (revenue per available room) non può essere più un parametro di valutazione del tutto attendibile, ovvero non basta a fornirci dati esatti sul ricavo effettivo di una camera.
Secondo il report, i costi di acquisizione quali le commissioni per le vendite intermediate hanno visto nel periodo compreso tra 2009 e il 2012 un aumento del 34 percento, mentre il revenue totale è aumentato solo del 23 percento (dati ottenuti su un campione di 104 strutture tra cui boutique hotel e importanti catene alberghiere internazionali). Oltre a questi bisogna considerare anche le spese di advertising, di commercializzazione, programmi di fidelizzazione e altro.
E dunque per calcolare il ricavo di una camera, devo tenere in considerazione tutti questi costi. Se vendo una camera in modo diretto alla stessa tariffa di una camera intermediata, qual’è sarà il ricavo per ciascuna camera? Sicuramente, non può essere lo stesso.
Si parla, dunque, di un nuovo indice: il ProPar (profit per available room) o Net RevPar, vale a dire revenue al netto delle commissioni e dei costi marketing e vendite suddiviso per il numero delle camere disponibili. E, ancora, se si volesse essere più precisi, dovremmo considerare anche il ProPOR (profitto per camera occupata).
E allora sarà questa la nuova rivoluzione del Revenue Management? O forse troveremo altri indici per avere dei dati ancora più precisi sui ricavi netti del nostro hotel. Sta di fatto che l’industria alberghiera, come altri settori, negli ultimi anni sta subendo una vera e propria rivoluzione e dovrà continuare ad adeguarsi alle nuove tendenze e ai nuovi mutamenti.
L’obiettivo del Revenue, comunque, rimane sempre lo stesso: l’ottimizzazione dei profitti.
Ciao Maria Teresa,
Adoro questo settore perchè è un vulcano che erutta continuamente novità. Ancora ricordo quando il Revpar era intoccabile!
In
effetti il report dell’HAMA non fa una piega. il RevPar è un valore
troppo limitativo per definirlo un “indice di salute” di una struttura
ricettiva.
Mi è capitato di recente di riscontrare lo stesso problema che racconti nell’articolo in un hotel qui su Roma.
Felici di un aumento costante del revenue improvvissamente ci si è accorti di un importante calo di profitto.
Credo
si pensi troppo banalmente che il successo di una struttura ricettiva
dipenda esclusivamente da un solo comandamento: vendere. Più vendo, più
guadagno. Ah se vivesse ancora mio nonno! Ci direbbe saggiamente che il
vero guadagno sta nel risparmio!
Nell’epoca in cui tutti sono
esperti di marketing ci si dimentica frequentemente che revenue e costi
non si possono scindere, camminano di pari passo e dal loro intreccio
nasce un indice sicuramente più attendibile e anche sicuramente
migliorabile.
Come Francesco ha individuato un punto interessante
da approfondire, anche io vorrei mettere un po’ di carne sul fuoco. La
butto lì…
Appurato che vendite e costi vanno a braccetto, qual è
elemento che unisce questi due processi? Credo che un dato importante
stia li.
Personalmente e in base alle mie esperienza, nel mezzo
ci sta ‘elemento umano. Le persone. La loro relazione. Da un lato chi
viaggia e dall’altro chi accoglie. Non voglio essere troppo filosofico
neanche io, ma credo che qui è da ricercare un tassello importante, a
mio avviso fondamentale. AirBnb ce lo sta insegnando con il suo
successo. Un’indice che indica il valore della relazione tra due parti
diventa trasversale ai due processi indicati sopra. Questo valore genera
a livello aziendale i flussi economici.
No people, no money!
Mi
spiego. Mentre costi e revenue misurano la temperatura “corporea”,
un’indice relazionale indicherebbe l’umore, la felicità. E per non
essere troppo olistico, come un corpo umano anche un hotel è composto si
da materia (camere, soldi, entrate e uscite) ma anche da emozioni. Le
emozioni dello staff e dell’ospite possono far guarire ed ammallare
un’azienda.
Per chiudere un hotel è in salute quando oltre a
esserci un rapporto tra costi e vendite in positivo, vi è un altro
rapporto parallelo tra le persone altrettanto positivo che genera
valore. Il valore genera successo, umano e quindi economico.
Ciao Danilo,
che dire! Sono perfettamente d’accordo con te su questo punto. Da quando sono entrata nel mondo dell’hospitality, lavorando sul fronte diretto, quindi in hotel, a stretto contatto con i clienti, ho sempre sostenuto che il vero valore aggiunto sia proprio il rapporto con i clienti e l’offrire un’esperienza di soggiorno unica e memorabile. E, questo, l’ho evidenziato anche in miei precedenti articoli. Il termine, infatti, ospitalità, in origine, significa mettere a proprio agio il proprio ospite e prendersi cura del suo benessere e della sua serenità. Questo aspetto, però, spesso viene trascurato perché ci si concentra solo sul profitto, e dunque a riempire camere, vendere servizi aggiuntivi, senza curarsi del valore umano. Esistono diversi modi di vendere e la bravura di un venditore consiste, a mio avviso, nel riuscire a comprendere le necessità del proprio interlocutore, le sue emozioni e le sue intenzioni. Invece, come spesso avviene, tutti i clienti vengono trattati allo stesso modo e questo è un danno per l’hotel a livello di reputazione e, di conseguenza, di profitti.
Pertanto condivido la tua opinione e spero che oltre ai vari indici di performance che possono essere forniti anche da software, non si tralasci mai l’aspetto umano.